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Agevolazioni fiscali acquisto prima casa

Quando acquisti un immobile puoi avere diritto a delle agevolazioni fiscali.

Esistono infatti le agevolazioni “prima casa” per chi compra una casa ed è in possesso di alcuni requisiti previsti dalla legge.

Procediamo con ordine.

Quali sono i requisiti per avere le agevolazioni “prima casa”?

Alcuni sono soggettivi (riguardano quindi l’acquirente)
1. Chi acquista deve avere la residenza nel comune in cui è l’immobile da comprare.
2. Se chi acquista non ha la residenza nel comune della casa, deve impegnarsi a prenderla entro 18 mesi.
3. Non si devono possedere altri immobili nello stesso comune (neanche in comunione dei beni con il coniuge).

Altri requisiti sono oggettivi (riguardano l’immobile)
1. Si deve trattare di immobili ad uso abitativo.
2. Devono essere abitazioni non di lusso, e quindi non accatastate A/1 (abitazioni signorili), A/8 (ville), A/9 (castelli e palazzi storici).

Se hai questi requisiti, puoi comprare casa risparmiando su imposte di registro, catastale, ipotecaria e IVA se e quando è dovuta.

Ecco uno schema con l’indicazione delle agevolazioni fiscali previste dalla legge.

Imposte per l’acquisto della casa

Venditore

Imposta Senza Agevolazione

Con Agevolazione “Prima Casa

 

Privato o Impresa esente IVA

Registro

9%

2%
Ipotecaria

50,00 €

50,00 €

Castastale 50,00 €

50,00 €

 

Impresa soggetta ad IVA

IVA

10%
(22% per immobili di lusso)

4%

Registro

200,00€

200,00€

Ipotecaria

200,00€

200,00€

Catastale 200,00€

200,00€

Dal 1° gennaio 2016, chi è proprietario di una casa comprata con queste agevolazioni fiscali, può usufruirne nuovamente per comprare un altro immobile. Questo, purché il primo immobile venga venduto entro un anno dal nuovo acquisto, anche a titolo gratuito (donazione o successione).
L’impegno a vendere entro un anno deve risultare nell’atto di acquisto del nuovo immobile, pena la perdita dei benefici fiscali.

Va inoltre ricordato che questi benefici valgono anche in caso di acquisto di pertinenze (tipo il box auto), anche se comprate con atto separato da quello di compravendita della “prima casa”.

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Perché la penale per recesso anticipato non va pagata

Vuoi lasciare prima i locali affittati? Allora pagami una penale

Questo è quello che si sentono dire alcuni inquilini quando hanno la necessità di recedere anticipatamente dal contratto di locazione e si spaventano (giustamente). Per alcuni, anche solo l’idea che possa esserci una penale da pagare, rappresenta un deterrente alla firma del contratto.

Come mai si è diffusa questa notizia?

Non lo sappiamo, ma abbiamo letto alcuni contratti stipulati in cui era presente un articolo dedicato alla penale in caso di recesso anticipato.
E abbiamo più di un locatore che insiste per includere un articolo del genere.

Ma si può fare?

La Legge 431/98, quella che ha riformato le norme sulle locazioni abitative, non parla di penali in caso di recesso anticipato dal contratto da parte dell’inquilino.
Ci dice solo che “il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto, dando comunicazione al locatore con preavviso di sei mesi” (art. 3 comma 6).

Praticamente:

– l’inquilino può recedere dal contratto anche prima delle scadenze contrattuali previste;
– devono ricorrere gravi motivi che vanno resi noti al proprietario;
– deve essere rispettato un termine di preavviso.

Il termine di preavviso.
La consuetudine ci porta a ripetere come un mantra, che l’inquilino debba dare un preavviso di sei mesi. Questi sei mesi, tuttavia, sono un termine derogabile.
Significa che al momento del contratto le parti possono indicare un termine diverso, più breve, mai più lungo, per la disdetta dell’inquilino. Se non è indicato un termine vale quello previsto dalla legge (i famosi sei mesi).

A questo punto c’è da prestare molta attenzione.

I proprietari possono essere flessibili ed accettare che un inquilino vada via più o meno da un giorno all’altro. Oppure possono pretendere che sia rispettato il termine di preavviso previsto dal contratto e che vengano pagati i relativi mesi di canone.
Da qui è sorto il malinteso.

Si è pensato che essere obbligati a rispettare il termine di preavviso previsto dal contratto equivalesse ad una penale da pagare.

Ma non è così!

I proprietari non possono chiedere il pagamento di somme aggiuntive, considerate come il risarcimento di un presunto danno che deriverebbe (secondo loro) dal recesso anticipato. E se lo fanno si tratta di un patto contrario alla legge, quindi nullo.

Tutto questo vale anche per gli immobili commerciali?
Sì, perché anche in questo caso, la normativa non parla di “penali da pagare”.

Conosci qualcuno che potrebbe avere bisogno di queste informazioni? Allora condividi l’articolo!

La disdetta del locatore. Come si fa?

La disdetta di un contratto di affitto da parte del proprietario è possibile.

Occorre però sapere come e quando farla. E anche su questo argomento c’è spesso confusione.

Approfittiamo della mail di un nostro cliente per rispondere alle domande più comuni.

“Ho un appartamento affittato con il classico contratto libero di 4 anni più 4. Ci stiamo avvicinando alla scadenza del primo quadriennio e io vorrei poter rientrare in possesso della mia casa quasi sicuramente per andarci a vivere. Come mi devo comportare? Quali sono i passi da seguire?
Grazie mille per la risposta”.

Il contratto 4+4, anche detto ” contratto libero”

Il contratto 4+4 è un contratto che noi consigliamo ai locatori che non hanno necessità di rientrare in possesso dell’immobile in breve tempo, in quanto la legge è piuttosto rigida sulle modalità di disdetta da parte del proprietario. Vediamole.

Le modalità.
Il locatore può dare disdetta solo inviando una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno.

La tempistica
La raccomandata va inviata almeno sei mesi prima della scadenza prevista dal contratto. È l’art. 3 della legge 431/98 che riporta la procedura da seguire circa la tempistica.

I motivi
Alla prima scadenza, il locatore deve necessariamente indicare uno dei motivi previsti dalla legge.

Eccoli tutti.
a) Quando intenda destinare l’immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado.

b) Quando, sia esso persona giuridica, società o ente pubblico o comunque con finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto intenda destinare l’immobile all’esercizio delle attività dirette a perseguire le predette finalità ed offra al conduttore altro immobile idoneo e di cui il locatore abbia la piena disponibilità.

c) Quando il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero ed idoneo nello stesso comune.

d) Quando l’immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore sia di ostacolo al compimento di indispensabili lavori.

e) Quando l’immobile si trovi in uno stabile del quale è prevista l’integrale ristrutturazione, ovvero si intenda operare la demolizione o la radicale trasformazione per realizzare nuove costruzioni, ovvero, trattandosi di immobile sito all’ultimo piano, il proprietario intenda eseguire sopraelevazioni a norma di legge e per eseguirle sia indispensabile per ragioni tecniche lo sgombero dell’immobile stesso.

f) Quando, senza che si sia verificata alcuna legittima successione nel contratto, il conduttore non occupi continuativamente l’immobile senza giustificato motivo.

g) Quando il locatore intenda vendere l’immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione.

Se non viene riportato uno di questi motivi indicati tassativamente dalla norma, la disdetta si ritiene nulla.

La sanzione
Una volta liberato l’immobile, entro 12 mesi, il locatore deve necessariamente fare quanto ha indicato nella lettera di disdetta.

La legge (al comma 5 sempre dell’art.3), prevede una sorta di sanzione per i proprietari che, riacquistata la disponibilità dell’alloggio, non lo adibiscano all’uso per il quale ne avevano inviato la disdetta. L’inquilino può richiedere che venga ripristinato contratto alle stesse condizioni disdettate, oppure un risarcimento del danno in misura non inferiore a 36 mensilità dell’ultimo canone pagato.

Per concludere. Se davvero siete convinti di voler rientrare in possesso del vostro appartamento, assicuratevi di farlo bene, altrimenti, il vostro contratto si rinnoverà automaticamente di altri quattro anni.

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Il contratto transitorio e le sue regole

Le domande sul contratto transitorio si ripetono spesso. Spesso anche nello stesso ordine.

Se è vero che un contratto transitorio tranquillizza i proprietari grazie alla sua breve durata, è anche vero che la legge prevede che siano rispettati alcuni requisiti.

Abbiamo ricevuto una mail da Valentina, che ci chiede un consiglio proprio su questa tipologia contrattuale.

Buonasera, sono Valentina e sono proprietaria di un appartamento che ho recentemente ristrutturato. Al momento non ho intenzione di acquistare l’arredamento.
Vorrei affittarlo per contratti non più lunghi di un anno. Alcune agenzie mi hanno detto che non posso affittare per periodi brevi, perché il contratto transitorio sarebbe valido solo per gli appartamenti arredati.

È corretta questa informazione?

Anche perché se fosse corretta preferirei abbandonare l’idea di affittare, perché non voglio legarmi con contratti di otto anni.
Grazie per la risposta.

 

Gentile Valentina,

grazie per averci contattati e  per averci dato l’opportunità di fare chiarezza su un tema davvero poco chiaro ai più.

Il “contratto transitorio” è stato introdotto dalla Legge 431/98.

Prevede che gli immobili possano essere affittati per un periodo che va da 1 a 18 mesi solo in presenza di un motivo che giustifichi questa transitorietà a discapito della stabilità fornita dal contratto classico 4+4.

La legge ci dice solo che il contratto transitorio non è rinnovabile (proprio in virtù del concetto di transitorietà), ma non dice nulla riguardo l’arredamento.

È possibile quindi affittare un appartamento non arredato con contratto transitorio o viceversa un appartamento arredato con contratto 4+4.

Quello che deve valutare è se l’appartamento, per le sue caratteristiche è adatto ad essere affittato per brevi periodi e senza mobilio e qual è il target di inquilino a cui è meglio rivolgersi.

L’Agenzia dell’Entrate ha chiarito, inoltre, che il regime fiscale agevolato della cedolare secca con l’aliquota al 10% è applicabile anche ai contratti transitori stipulati a canone concordato.

Se anche tu hai un dubbio sui contratti di locazione, chiedi una consulenza a Homing, inviando una mail a info@homingimmobiliare.it

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