Spesso accade che, nell’ambito di rapporti familiari, si utilizzi l’istituto giuridico della donazione per trasferire la proprietà di beni immobili.
Secondo l’art. 769 del Codice Civile, infatti, “la donazione è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione”.
La presenza di un atto di donazione, nella catena dei trasferimenti di un immobile, è una circostanza da valutare con attenzione da chi abbia intenzione di acquistare il bene oggetto della donazione.
Comprare un immobile donato: cosa può accadere
Qual è il pericolo che l’acquirente può correre in caso di immobile donato al venditore?
Il pericolo è un’azione legale da parte degli altri familiari aventi diritto, per legge, ad una quota del patrimonio del donante (legittimari), volta alla restituzione del bene donato. I legittimari, infatti, possono esperire nei confronti dell’immobile donato una duplice azione. La prima, detta “di riduzione”, è volta a far dichiarare ad un giudice che la donazione è stata lesiva dei propri diritti. La seconda, detta “restitutoria”, consentirà alla parte lesa di riprendersi il bene dal patrimonio del donatario o di chi ha comprato il bene qualora fosse stato venduto.
La legge prevede dei tempi e delle condizioni per poter esercitare i propri diritti, anche al fine di stabilizzare i rapporti economici che ne derivano.
Per questo motivo, per un legittimario, il tempo per poter esperire l’azione di riduzione è 20 anni. Se entro questo termine dalla data di trascrizione della donazione, non si è verificata l’opposizione da parte degli aventi diritto, l’azione di restituzione non potrà essere più esercitata e non ci sarà alcun rischio per l’acquirente. Questo vale sicuramente per le donazioni effettuate dopo la Legge 80/2005, mentre per quelle verificatesi precedentemente manca una disciplina transitoria che chiarisca cosa accade.
Azione di riduzione: tutti i casi possibili
Ci sono ovviamente dei casi, diciamo così, intermedi e dipendono dalla presenza di tre condizioni:
1. che il donante non abbia lasciato sufficienti beni a coprire le quote dei legittimari;
2. che il venditore donatario non abbia, nel suo patrimonio sufficienti beni a soddisfare le pretese dei legittimari lesi;
3. che non siano decorsi 20 anni dalla trascrizione della donazione, salvo che sia intervenuta opposizione al decorso dei 20 anni da parte dei legittimari.
Quando sussistono queste tre condizioni, nel caso in cui il donante sia ancora vivo, l’azione di restituzione potrà essere esercitata solo dopo la sua morte ed entro i successivi 10 anni.
Se il donante fosse morto da meno di 10 anni, l’azione potrebbe essere esercitata entro i 10 anni dalla sua morte.
Trascorsi più di 10 anni dalla morte del donante, l’orientamento prevalente della giurisprudenza è che il diritto all’azione di riduzione sia prescritto, per cui non ci sarà alcun rischio per l’acquirente.
Come tutelarsi?
Cosa deve fare quindi un acquirente interessato ad un immobile che risulta essere stato donato al venditore?
Facendosi consigliare dal notaio di fiducia, le possibili soluzioni sono:
– la rinuncia all’azione restitutoria da parte dei legittimari. In questo caso si coinvolgono i legittimari che potrebbero in futuro impugnare la donazione e si fa dichiarare che non andranno a riprendersi il bene nel patrimonio dell’acquirente. Anche se non prevista dal Codice Civile, questa è una prassi ormai accettata da dottrina e giurisprudenza.
– Lo scioglimento della donazione per mutuo consenso. Con lo scioglimento della donazione, il bene torna in capo al donante e quindi non ci sarà alcun problema per il terzo acquirente.
– La stipula di una polizza assicurativa.
Sulla convenienza o meno dell’acquisto di un immobile la cui proprietà deriva da una donazione, quindi, ogni acquirente dovrà fare il calcolo dei rischi e dei benefici.
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